Contrada Arale

Anello giallo

QUOTA: 1485 m. s.l.m.

Quest’area, compresa quella delle due contrade limitrofe di Pra de Ules e Tégge, è in sostanza la sola in val Lunga ad essere pascolata da una settantina di mucche per circa cinquanta giorni d’estate con stabulazione all’aperto. A ricordo è sempre stata utilizzata solo come maggengo, da primavera all’autunno, a l più fino a Natale. In documenti antichi risulta però abitata stabilmente sia nel 1619 che lungo il 1700 fin da quattro famiglie e trentasette componenti. Le costruzioni attua li, seppur riconvertite a seconde case o ristrutturate negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso sono però molto più recenti, come ben si può notare confron­tandole con una vecchia foto. Si osserva la consueta disposizione lineare di abitazioni adiacenti tra loro e le baite staccate sul davanti oltre ad alt re baite sparse lì vicino. Originariamente le baite erano in legno a blokbau con le classiche tipologie presenti in Val Tartano: a lòbia e con la pùnta i mèz, sia a capanna che con la linea di colmo perpendicolare alla pendenza, o il solo front one in legno; queste ultime adottate quando il blokbau era ormai in disuso, dalla fine del 1800. Nel settore orientale della contrada si trova il rifugio Beniamino, costruito nel 1963, nel cui piazzale è presente una stele dedicata ai tortonesi emigrati nel mondo. Lungo la linea delle antiche abitazioni ma, ben staccata, vi è una abitazione in muratura denominata “Villa Carolina” di inconsueto stile signorile ma ben inserita nel contesto e costruita negli anni ’50 del secolo scorso da due fratelli del luogo. Il toponimo Arale diffuso in molte altre località delle Alpi, definisce, in particolare, lo spazio occupato da cortili, carbonaie, stalle o porcili che potrebbe collegarsi alla presenza dell’alpe Porcile situata in alt o, alla destra orografica della testata della Val Lunga. Non è escluso che il toponimo possa derivare anche dall’antica presenza di un laghetto formatosi a seguito della frana scesa dalla valle di Cuminello in epoca remota. La testata della Val Lunga. Uno scena rio che toglie il fiato ma che nello stesso tempo porta a pensare alla crisi della montagna e al concreto pericolo della dispersione di un patrimonio inestimabile: storico, paesaggistico, identitario. È cruciale nel nostro tempo restituire il giusto riconoscimento al contadino montanaro, il cui lavoro è stato ormai omologato a quello della pianura, ed alla sua origina le funzione di manutentore del territorio; occorre poi promuovere una cultura ambienta le che non guardi all’immediato ma progetti con lungimiranza il futuro.

SUOR MARIA LAURA (TERESINA) A TARTANO

Quando la piccola Teresina, orfana di mamma, fu porta­ta per la prima volta a Tartano, arrivò in questa contrada. Qui, in maggenghi abitati solo nei periodi estivi-autunnali, visse con la nonna materna Maria Bulanti e gli zii Celso, Cesarina e Camillo.