Contrada Tegge

Anello giallo

QUOTA: 1465 m. s.l.m.

Tartano contrada TeggeÈ un nucleo ancora ben conservato e fino agli anni ‘60 del secolo scorso vi dimoravano quattro/cinque famiglie. È una contrada molto antica, la cui presenza è attestata da un documento d’inventariato datato 1550; da uno “Stato delle Anime” del 1619 risulta una sola famiglia con diciotto componenti e da un censimento del 1780 ne risultano tre con trentasette abitanti. È posta al margine occidentale di un vasto conoide valanghivo (il vendöl del Spundùu), nel settore terminale della Val Lunga dove questa volge decisamente a sud e la ripidità del versante solivo si attenua e compaiono vasti pianori prativi. A differenza delle altre contrade della Val Lunga che si sviluppano lungo un piano orizzontale o verticale, Tegge, valorizzando al meglio l’andamento del terreno, è edificata su un piano inclinato che ne caratterizza la conformazione. È attualmente raggiungibile anche in auto, mentre, fino al 1983 quando era servita solo da mulattiere e sentieri, essa distava un’ora di cammino dalla chiesa parrocchiale di Tartano, collegata alla Valtellina con la rotabile solo nel 1972. Spicca una grande baita a blokbau datata 1820 e perfettamente conservata, sulla cui facciata si aprono ben tre porte per l’ingresso alle stalle. Nel 1975, nella parte inferiore della contrada e staccata dalle abitazioni, è stata ricostruita una stalla con fienile (“baita” nella terminologia locale) in muratura e cemento, dove prima ve n’era una in legno a blokbau. Da annotare la presenza di un affresco, risalente al 1897, raffigurante la Beata Vergine del Carmine con i tipici scapolari, tra S. Francesco, a sinistra, e S. Luigi Gonzaga, a destra. Il toponimo “Tegge”, frequente nelle zone di montagna, vuol dire letteralmente tettoie. È la contrada più lontana ad essere stata abitata fino al secolo scorso e frequentata solo nei mesi estivi dagli anni ’90. La presenza dei prati, forse i migliori della valle, compensa solo in parte l’estremo isolamento e la scomodità delle relazioni. Sembra di immaginare i lunghi inverni dove si passava il tempo nelle baite, al calore del bestiame per risparmiare la legna: le donne a far maglia (mai a oziare) e parlare tra di loro della famiglia, gli uomini a discorrere del passato e prospettare nuovi lavori o predisporre la bella stagione e poi, tutti a recitare il rosario. Una caratteristica della vita di relazione di un tempo in queste piccole comunità, è la considerazione per ciascuno di un proprio ruolo e il riconoscimento di una precisa identità: era ignoto il sentimento del sentirsi ignorato nel proprio ambiente. Tutto poi avveniva alla luce del sole senza possibili nascondimenti, nel bene e nel male.